DALL' ANORESSIA ALLA BULIMIA 

DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Una volta presentate queste due forme di disagio: anoressia e bulimia, dobbiamo precisare che per noi come per molti altri studiosi del fenomeno non si tratti di disturbi separati ,  c’è invece un rapporto intimo e  particolare che fa dell’una il contro altare dell’altra: Due fasi due tempi dello stesso disturbo.

Primo tempo: l’ideale del corpo magro:   

Questo ideale anoressico è il punto di riferimento della gran parte delle ragazze anoressiche e bulimiche, invocato come momento di  padronanza assoluta sul corpo.   Spesso, per non dire sempre,  nella storia delle bulimiche si trova un primo tempo: una fase  a volte di anni, a volte anche brevissima, di anoressia, che corrisponde spesso all’epoca della pubertà. Come vedremo la pubertà è  un momento particolarmente delicato della storia personale, un terreno di cultura del sintomo anoressico -bulimico. 
Quando il corpo proprio si trasforma  in qualcosa di estraneo, qualcosa che non si riconosce più e che spaventa. A partire da alcuni eventi scatenanti, dei momenti di difficoltà particolare ci si può  nella realizzazione di questo ideale  e nei rituali dell’anoressia come qualcosa che apparentemente rassicura. E che manifesta le difficoltà della separazione dai genitori, di affrontare l’altro sesso, di trovare una nuova pelle per rapportarsi al mondo degli adulti.

 La fase dell’anoressia è come abbiamo visto una fase di onnipotenza,di illusoria padronanza del corpo, che viene chiamata “luna di miele” un po’ come la droga. Infatti instaura una sorta di dipendenza dai rituali  che prendono un posto centrale nella vita di questi adolescenti.

Secondo tempo: il viraggio alla Bulimia:   

Succede però che altre contingenze soggettive come una nuova crisi sentimentale o un'altra esperienza di perdita a volte anche impercettibili, possano rompere l’equilibrio autoreferenziale dell’anoressia. Infatti le contingenze che rendono il vuoto dell’anoressia insopportabile sono molteplici.        
            
In questo momento, in cui la diga dei divieti rappresentati dall’anoressia si rompono con l’abbuffata, il risultato è un disfacimento dell’ideale che costituiva il nodo del sintomo anoressico. Adesso si  tenta di ripristinare con il vomito la dimensione del controllo che è, però, un controllo-non controllo, spesso vissuto come un esperienza devastante.  

 Ci si sente sporchi indegni, colpevoli, senza valore. La crisi bulimica  diventa dunque, un sintomo dell’anoressia.  Il senso dell’identità vacilla e ciò è percepito come un momento di perdita, di abbandono, di tristezza.   Questa esperienza della bulimia a volte  rappresenta un momento più propizio per chiedere aiuto.

Si chiede aiuto proprio nella speranza di poter recuperare la padronanza perduta. Abbiamo verificato che gli utenti del nostro servizio, prevalentemente di sesso femminile (ma non sempre) presentano una distribuzione delle due patologie molto squilibrato sulla bulimia:   (l’Anoressia Restrittiva rappresenta il 20% ) 

Ciò corrisponde al fatto che mentre le ragazze bulimiche si rivolgono  a noi più facilmente, le ragazze anoressiche vengono a volte tirate un po’ per i capelli dai genitori, dai fidanzati, dalle amiche: insomma, per ciò che la concerne, l’anoressica è autosufficiente, non domanda niente.   Mentre la sofferenza legata al sintomo bulimico porta più spesso ad una domanda di aiuto. Questo spiega perché incontriamo pazienti anche molto giovani che hanno alle spalle una storia anche lunghissima, e ormai un rapporto cronicizzato col disturbo.